L'appoggio di Pace e Piperno
Fuori dalle Br, ormai isolati, Morucci e Faranda, si rivolgono ai vecchi compagni di Pot.Op. ai quali li lega, oltre all'amicizia, la stessa visione ideologica di come gestire la lotta armata.
Una manifestazione dei primi anni 70. Nel gruppo si riconoscono, partendo da sinistra, Oreste Scalzone, Franco Piperno e Lanfranco Pace.
Vecchi amici
Adriana Faranda e Valerio Morucci dopo mesi di contrasti con i vertici delle Brigate Rosse prendono la decisione di uscire dall'organizzazione.
Si ritrovano così, senza un nascondiglio sicuro dove rifugiarsi. Braccati dalle forze dell’ordine e dalle stesse Br che, non solo non accettano la loro uscita, ma li incolpano di aver sottotratto all’organizzazione armi e denaro.
Si rivolgono alle uniche persone esterne alle Br con le quali hanno avuto contatti negli ultimi tempi. Si tratta di Lanfranco Pace e, attraverso lui, Franco Piperno.
A loro li lega non solo la vecchia militanza in Potere Operaio, ma anche le stesse convinzioni sull’errore dell’assassinio del Presidente della DC. Durante i giorni del rapimento, Piperno, su richiesta del partito socialista, e tramite Lanfranco Pace, ha cercato di instaurare un colloquio con le Br, nel tentativo di porre le basi di una trattativa che portasse alla liberazione di Moro. I diversi incontri durante il periodo del rapimento, tra Pace e Morucci e Faranda, alla fine infruttuosi, sono stati mal sopportati da Mario Moretti e dagli altri componenti dell’esecutivo.
Nei mesi successivi l’area dell’autonomia, di cui Piperno è un leader, ha più volte polemizzato con le Br sulla scelta di eseguire comunque la sentenza di morte contro Aldo Moro, accusando le Br di aver con tale azione, di fatto, ristretto lo spazio delle lotte antagoniste.
Ma ciò che più unisce la coppia romana e Piperno è il ruolo che il partito armato dovrebbe svolgere all’interno delle forze antagoniste.
Morucci e Faranda nel duro scontro “politico” in atto dentro le Br, usano, grosso modo, gli stessi argomenti, tanto da essere accusati di essere i “mandanti” dell’autonomia che cerca di sovvertire la linea politica dell’organizzazione, basata sull’idea del partito armato, in favore di una violenza diffusa più legata alle istanze delle forze antagoniste.
Alloggi provvisori
Piperno e Pace, accettano la richiesta di aiuto di Faranda e Morucci, non tanto per i ricordi della vecchia militanza comune, ma perché vedono, attraverso l’azione dei due, la possibilità di creare un organizzazione armata in contrapposizione alle Brigate Rosse che possa rappresentare le idee dell’autonomia.
Pace, dopo alcuni giorni in cui i due fuggiaschi hanno trovato alloggio in posti più o meno di fortuna, riesce a trovare un primo riparo stabile. Lo fa attraverso la sua compagna Stefania Rossini giornalista de” Il Messaggero”. Ad ospitare i due, infatti, è un giornalista deo stesso giornale, Aurelio Candido, militante del partito Radicale. Candido “pauroso di natura“, così lo definirà poco generosamente Morucci, capisce presto che nei due ospiti, che si sono presentati come Enrico e Gabriella, al di là dei modi di comportamento correttissimi, c’è qualcosa che non va e che si è ficcato in un grande pasticcio. Inizia quindi, a pressare Pace per far “sloggiare” i due.(1)
A questo punto Piperno si rivolge a Giuliana Conforto, una ex collega dell’università di Cosenza e militante della sinistra extraparlamentare. Piperno presenta Morucci e Faranda come “due cari amici” che hanno bisogno temporaneo di un alloggio. La Conforto, anche con la speranza di un appoggio, nella richiesta di un trasferimento dall’Università calabrese a quella de L’Aquila, dove insegna Piperno, accetta di ospitare i due. (vedi L'affittacamere)
Il tornado 7 aprile
Il 7 aprile 1979 viene formalizzata l’inchiesta che sta svolgendo il giudice Guido Calogero, e vengono spiccati mandati di cattura contro i principali esponenti dell’Autonomia Operaia, Finiscono in carcere tra gli altri Tony Negri, Luciano Ferrari Bravo, Emilio Vesce, Pino Nicotri e decine di altri militanti.
Franco Piperno e Lanfranco Pace, sfuggono all’arresto e si rifugiano in Francia. Per Faranda e Morucci gli arresti del 7 Aprile sono un duro colpo, non solo perché rendono, praticamente impossibile il tentativo di costruire una nuova formazione combattente che avrebbe dovuto avere come punto di rifermento quell’area del movimento romano gravitante intorno a Piperno, ma anche perché perdono l’unico appoggio concreto che li ha aiutati nei mesi di latitanza.
Adriana Faranda e Valerio Morucci, ricercati dalle forze dell’ordine, che dopo la tragica conclusione del rapimento Moro, hanno intensificato le azioni di controllo sul territorio, osteggiati apertamente dalle Brigate Rosse che minacciano di ritorsioni chiunque gli presti aiuto, abbandonati da un movimento in rotta che cerca di sfuggire alla repressione e gli arresti, capiscono che ormai hanno i giorni contati e la loro latitanza sta per finire.
Note:
(1) Aurelio Candido informò la magistratura della presenza di Morucci e Faranda, a casa sua, solo nel gennaio del 1980, quando inziò a circolare la notizia che un esponente del partito Radicale in cui Candido militava, aveva ospitato i due latitanti. Dopo una riunione con Spadaccia e Pannella, su loro precisa indicazione, Candido si presentò in Questura..